Balbuzie (dal latino bàlbus) si riferisce alla ripetizione involontaria di suoni, soprattutto nella balbuzie di tipo clonica, ma comprende anche esitazioni o blocchi prima di parlare, tipici della balbuzie tonica. E’ un problema con profonde implicazioni psicologiche, basate soprattutto sul temuto giudizio altrui e su un potente meccanismo di controllo nell’atto della fonazione.
” E’ importante curare il balbuziente, non la balbuzie” Dr. Antonio Bitetti, 2001, 2006, 2010, 2016.
Per definire la balbuzie è necessario sottolineare che il problema non è di linguaggio, bensì di relazione. Elemento fondamentale di questo disturbo è il controllo della parola e di tutta la componente fonatoria.
Ad una più attenta considerazione possiamo dire che la difficoltà di linguaggio a cui tutti fanno riferimento rappresenta solo l’elemento terminale, periferico, di questo problema.
Non vi è sinergia tra il pensiero e la possibilità realistica di estrinsecare con il mezzo del linguaggio, tutta la potenzialità cognitiva, ed emotiva.
Il balbuziente si censura buona parte della componente emozionale della sua vita. Vive con difficoltà l’abbandono fiducioso alle sue emozioni e forse, anche al valore relazionale delle sue emozioni.
Specialmente nei casi di balbuzie con forte componente tonica, troviamo un marcato elemento di blocco della propulsione, una notevole censura della energia di base.
Il balbuziente è bloccato nelle parole, ma è altrettanto bloccato in generale nella capacità di vivere in maniera genuina le proprie energie. Ed è per questo che anche il suo corpo, a volte, sembra essere mortificato e ingabbiato in una situazione di stallo.
Mentre il normoloquente, cioè colui che non balbetta non controlla la parola, il balbuziente impara da piccolo a fare qualcosa che non dovrebbe fare. Tiene sotto continua osservazione la sua articolazione fonatoria, cioè controlla ossessivamente la sua bocca.
In questo ambito di ricerca, il dott. Antonio Bitetti ha pubblicato diversi libri, tradotti anche all’estero e rappresentano la più vasta ed avanzata ricerca scientifica in questo settore specifico (Bitetti A., 2001,2006,2010,2016)
( Il dr. Antonio Bitetti, psicologo-psicoterapeuta, fondatore dell’Istituto Europeo Balbuzie – Intervistato nel programma “Eccellenze Italiane” in onda su Odeon Tv, analizza i diversi aspetti del problema balbuzie, 8 Novembre 2020).
COS’E’ LA BALBUZIE ?
Il noto studioso spagnolo De Ajuriaguerra, definiva la balbuzie un disturbo di realizzazione della lingua parlata, nell’ambito della relazione interpersonale. Secondo diverse statistiche, anche se non recentemente aggiornate, la balbuzie interessa circa il 2-3% della popolazione, con incidenza maggiore nel sesso maschile.
Secondo una definizione dell’OMS (L’Organizzazione Mondiale della Sanità, 1977) la balbuzie viene definita un disordine del ritmo della parola. Il soggetto sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo.
Viene considerato come uno dei più diffusi disturbi del linguaggio. Consiste in un insieme di alterazioni del ritmo e della fluidità dell’espressione verbale. Esso viene vissuto da chi ne è affetto con grande sofferenza e disagio.
Soffermandosi solo sulla parte manifesta si è tentati a credere che sia un problema di linguaggio. Proprio per questo che da molto tempo tutti si concentrano con interventi di tipo rieducativo basati sulla fonazione, sulla rieducazione dei suoni, o sul respiro.
Invece, è sempre necessario sottolineare che qualsiasi balbuziente, nel chiuso della propria stanza parla benissimo e non necessità di nessun intervento correttivo. Questo importante aspetto merita di essere compreso con attenzione, in tutte le sue implicazioni. ( Bitetti A., La balbuzie un problema relazionale, Armando Editore, Roma, 2006).
La balbuzie fa soffrire inevitabilmente chi ne è affetto, ma allo stesso tempo può rappresentare un vantaggio e rendere molto difficile il processo di guarigione. Cioè, non è tutta sofferenza da parte di chi balbetta e questo, la dice lunga sul fatto che il balbuziente si nasconde dietro al proprio sintomo. In effetti, si evidenzia frequentemente il timore da parte del balbuziente di affrontare il problema in termini di dinamismo psicologico.
Gli riesce molto più facile pensare che tutte le sue difficoltà, a vari livelli, siano da imputare all’aspetto terminale del suo disturbo e cioè, alla mancata fluidità della parola. (Bitetti A., Analisi e prospettive della balbuzie, pag.22, Positive Press, Verona, 2001).
BALBUZIENTI FAMOSI
La balbuzie è nota sin dall’antichità e ha afflitto importanti personaggi in epoche storicamente diverse.
Si narra che anche Mosè sia stato un balbuziente. Si trova conferma in maniera inequivocabile, in alcuni passaggi della Bibbia. Nell’Esodo, il profeta dice di sé: “Io sono inetto a parlare, come potrà il Faraone ascoltarmi?”. E’ noto dalle Sacre Scritture che non era lui a parlare al suo popolo, ma il fratello Aronne.
Si sa che persino Manzoni, l’Alessandro dei “ Promessi Sposi” avesse la medesima difficoltà nell’esprimersi. Grave a tal punto, da spingere lo scrittore a rinunciare all’invito rivoltogli ad occupare uno scranno nel nascente parlamento italiano.
Qualcuno ritiene che i balbuzienti siano persone destinate, nonostante gli sforzi, a rimanere povere culturalmente. In realtà, Alessandro Manzoni rappresenta in proposito una solenne smentita. Per lui era davvero difficile parlare in pubblico: se non disponeva di qualcosa di scritto, di già preparato si fermava e balbettava vistosamente.
Un altro esempio illustre è il matematico Niccolò Tartaglia. Il suo vero cognome pare fosse Cavallaro, ma era soprannominato Tartaglia, per via del suo evidente problema nel parlare.
Si narra che durante le sue lezioni non avesse grosse difficoltà, perché ovviamente si sentiva padrone assoluto della materia.
In una recente intervista radiofonica rilasciata dal dott. Bitetti a Radio 105, nel programma Take Away, i conduttori rimarcavano la storia del noto cantautore Ed Sheeran. Daniele Battaglia e Diletta Leotta hanno chiesto se la logopedia potesse essere di valido aiuto nel risolvere il problema della balbuzie.
La risposta del dott. Bitetti, con oltre vent’anni di esperienza è stata incentrata sul fatto che il balbuziente se riesce ad affermare se stesso, aumentando la consapevolezza di sè, facilita la possibilità di superare il disturbo.
Questo aspetto di non poca rilevanza aiuta i genitori di bambini affetti da balbuzie a capire che questo problema non può essere trattato con tecniche rieducative o logopediche.
Nel tenere in giusta considerazione il fatto che non tutti possono avere la possibilità di emergere a certi livelli, come nel caso di Ed Sheeran o come nel caso del Presidente eletto degli USA, Joe Biden. La balbuzie resta un problema da affrontare solo e soltanto in termini psicologici, poichè è l’impatto con gli altri, il vero problema del balbuziente.
LA BALBUZIE DI DEMOSTENE
Il personaggio storico più importante che ha sofferto di balbuzie è certamente il famoso filosofo greco Demostene. Pur afflitto da tale difficoltà non si arrese mai e la vinse, fino a diventare il più grande oratore della storia ellenica.
Demostene è un esempio importante per tanti balbuzienti, ma soprattutto per coloro che si spingono a credere che la balbuzie abbia delle implicazioni di tipo genetico e quindi irrisolvibile da una qualsiasi impostazione terapeutica.
Il fascino del pensiero di Demostene derivava principalmente dalla capacità e dalla volontà di guardare le cose bene in faccia e di proporle con spietata chiarezza. Soprattutto l’importante qualità della sua genuina ambizione, il non volersi fermare di fronte alle avversità della vita.
La sua ambizione era troppo forte, ed è questa caratteristica che è alla base dei successi di Demostene, ma anche di tanti meno famosi di lui. Egli lavorava sodo su stesso, ricercava la perfezione del risultato, non si arrendeva, accettava il sacrificio e le rinunce, pur di raggiungere le mete.
Uno stratega del risultato finale, un esempio per tanti balbuzienti e non solo. Demostene ci parla con grande enfasi, una passione ed un rigore intenso, il coraggio di un uomo che non si arrende, che crede e lotta pur con le tante contraddizioni della vita. (Bitetti A., La Balbuzie Approccio Integrato, pag. 117-126, IEB Editore, Milano, 2010).
Nel capitolo dedicato alla vita di questo illustre personaggio, il dott. Bitetti descrive esaurientemente come Demostene sia riuscito a superare la sua balbuzie. Demostene riuscì a diventare quel grande oratore che la storia racconta. Dalla descrizione che ne hanno fatto i suoi contemporanei, tutto fa supporre che sia stata la trasformazione caratteriale e quindi psicologica, la base della sua vittoria sulla balbuzie.
La storia dei sassolini in bocca che molti raccontano è solo un aneddoto di un progetto di trasformazione, da lui messo in atto per affrontare quella parte negativa di sé. Egli aveva intuito qual’era la chiave del problema e la volle affrontare a viso aperto e ci riuscì.
A distanza di tanti anni le intuizioni di Demostene aiutano a riflettere e a dirci che il problema è sicuramente su base relazionale e a lasciar perdere la parte periferica del problema.
CARATTERISTICHE CLINICHE DELLA BALBUZIE
Per la maggior parte dei soggetti balbuzienti, il disturbo si manifesta nel momento in cui l’elaborazione del pensiero si deve tradurre in linguaggio. Non c’è la giusta sinergia tra pensiero e parola e questo deriva dal controllo che il balbuziente esercita sul suo linguaggio.
Sul piano relazionale, il balbuziente si sente prigioniero del suo disturbo e vive i rapporti sociali con difficoltà e sofferenza. Teme ad esempio l’esposizione verbale in una qualsiasi relazione di gruppo, prova disagio ed imbarazzo se gli viene chiesto di ripetere l’argomento già esposto.
Ma, uno dei momenti di maggiore difficoltà lo vive al telefono, che diventa un’esperienza dolorosa e persino di vero e proprio blocco. Questo aspetto evidenzia come il fattore controllo sia il dinamismo più potente nella eziopatogenesi della balbuzie (Bitetti A., La Balbuzie Approccio Integrato, pag. 33-38, IEB Editore, Milano, 2010).
Per alcuni, la dispersione mentale è tale che il soggetto non riesce a fissarsi su ciò che ha da dire; altri invece sono disturbati, inibiti, dalla presenza troppo marcata dell’immagine dell’interlocutore.
In un importante congresso di foniatria il dott. Bitetti affermava che l’altro aspetto più importante nel dinamismo della balbuzie è la variabilità in rapporto alla presenza dell’interlocutore. E’ l’impatto con gli altri che scatena tutta una serie di idee che condizionano poi la componente emotiva e comportamentale.
(Bitetti A., Relazione sui disturbi del linguaggio e sulla balbuzie, Università del Salento, Settembre 2019).
Da un sottostante senso di autosvalutazione, si innesca un temuto giudizio altrui e procede con un controllo sulla parola, nell’idea irrazionale di poter gestire al meglio la situazione. Elementi cognitivi errati che una volta appresi, possono permanere nell’età adulta, condizionando negativamente la normale fluidità verbale.
Il concetto di radicalità della balbuzie che da tanti Autori viene visto come organicità del problema, sta nella profondità e nella complessità del sintomo stesso.
( Comunicazione del dott. Antonio Bitetti, al XXXIII° Congresso di Foniatria e Logopedia, Abstracts, 1999).
SINTOMI DELLA BALBUZIE
Secondo quanto riportato dal DSM IV (la quarta revisione del Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) si può fare diagnosi di balbuzie quando ci si trova di fronte a:
Un’anomalia del normale fluire e della cadenza dell’eloquio (che risultano inadeguati per l’età del soggetto) caratterizzata dal frequente manifestarsi di uno o più dei seguenti elementi:
ripetizione di suoni e sillabe;
prolungamento di suoni;
interiezioni;
interruzioni di parole (cioè pause all’interno di una parola);
blocchi udibili o silenti (cioè, pause del discorso colmate o non colmate);
circonlocuzioni (sostituzione di parole per evitare parole problematiche);
parole emesse con eccessiva tensione fisica;
ripetizione di intere parole monosillabiche.
L’anomalia di scorrevolezza interferisce con i risultati scolastici o lavorativi, oppure con la comunicazione sociale.
Se è presente un deficit motorio della parola o un deficit sensoriale, le difficoltà nell’eloquio vanno al di là di quelle di solito associate con questi problemi.
Il linguaggio del soggetto affetto da balbuzie è quindi spesso interrotto dalla ripetizione (che può essere continua o intermittente) di sillabe, suoni, vocaboli, frasi intere alternate a pause di silenzio durante le quali il soggetto è di fatto incapace di produrre un qualsiasi tipo di suono. Il linguaggio caratteristico del soggetto balbuziente viene definito, da un punto di vista medico, disfluenza verbale.
In un primo momento la balbuzie può essere clonica e successivamente diventare tonica, così le due forme risultano associate. In ogni caso, la balbuzie avrà un’evoluzione diversa a seconda del comportamento del soggetto e dell’ambiente circostante.
Tuttavia è molto raro che un balbuziente balbetti in tutti i momenti della giornata e in tutte le situazioni. Vi sono sempre dei momenti di tregua per ogni individuo, anche nel corso di periodi di balbuzie intensa.
E’ indubbio che la forma tonica risulti molto più penosa ai balbuzienti.
Qualunque sia l’aspetto che assume la balbuzie, le difficoltà di chi ne è affetto non derivano da una anomalia organica degli organi dell’apparato fonatorio, né riguardano una parola, o una struttura di frasi nettamente definita.
Il ritmo e la melodia della parola sono disturbate da continue interruzioni intempestive, da inceppi, ripetizioni, rallentamenti imprevisti. Le conseguenze consistono in una evidente alterazione del linguaggio, ad un punto tale da rendere estremamente difficili i rapporti con gli altri.
(Bitetti A., Presentazione del suo libro “Stammering an Integrated Approach”, nella cornice di Hub Dot London, UK, 2018)
Esistono poi altri tipi di sintomi che possono essere associati alla balbuzie e tra questi i due più importanti sono: il farfugliamento e la tachilalia.
Farfugliamento: per farfugliamento si intende un disturbo del linguaggio frequentemente associato alla balbuzie. Si presenta soprattutto in soggetti che sono stati condizionati sul piano linguistico.
Sono presenti difficoltà ad esplicitare il proprio linguaggio che risulta di conseguenza pieno di costruzioni illogiche, di lapsus, o di esitazioni verbali. In questi casi il ritmo appare irregolare, frettoloso, ed il parlare troppo veloce e a tratti incomprensibile.
Tachilalia: questo disturbo si aggiunge alle difficoltà caratteristiche della balbuzie, come fattore associato, soprattutto con quei soggetti in cui il ritmo interiore risulta poco ordinato, che non riescono a gestire adeguatamente il proprio linguaggio. A volte hanno il timore irrazionale di arrestarsi e di non essere poi in grado di riprendere il filo del discorso.
Nel soggetto tachilalico l’accelerazione del linguaggio crea delle modificazioni nella durata delle sillabe, che risultano più brevi rispetto al loro tempo normale. Inoltre, si verifica anche una soppressione di determinati accenti, parole o pause.
TIPOLOGIE DI BALBUZIE
Esistono tipologie descrittive più prettamente foniatriche e logopediche della balbuzie infantile.
tonica (caratterizzata da un arresto all’inizio della parola –fonema o sillaba iniziali- con prolungamenti del suono)
clonica (caratterizzata da ripetizioni o del fonema iniziale o di tutta la parola)
mista (sono presenti sia la forma tonica che la forma clonica con prolungamenti e ripetizioni)
palilalica (caratterizzata da un ripetizione spasmodica di una sillaba che non ha attinenza con la frase che si intende pronunciare)
Nella maggioranza dei casi, la balbuzie è un disturbo che insorge nella prima infanzia, tra i tre e i quattro anni nel momento dell’elaborazione delle prime frasi. Più di preciso al momento in cui si organizza il linguaggio e in cui si situano i primi contatti con il mondo esterno, con altri bambini sia dentro che fuori dall’ambiente familiare: durante i giochi, oppure alla scuola materana, per esempio.
A questa età alcuni Autori parlano di balbuzie primaria, altri di balbuzie fisiologica ( Weiss), o di sviluppo (Metreaux). Borel-Maisonny pensa che si tratti di una fase di farfugliamento fisiologico prevedibile, dal momento che il bambino deve imparare ad organizzare il suo linguaggio in un tempo brevissimo.
La principale classificazione della balbuzie è comunque quella che suddivide tale disordine in balbuzie primaria e balbuzie secondaria. Tale classificazione prende in considerazione il momento d’insorgenza del disturbo e le caratteristiche del disturbo stesso.
CLASSIFICAZIONE DELLA BALBUZIE
La balbuzie si può classificare in:
Balbuzie primaria
(nota anche come balbuzie di rodaggio o pseudobalbuzie) è un disturbo piuttosto comune; si stima, infatti, che il problema interessi il 30% degli infanti, in particolar modo di sesso maschile; di norma la balbuzie primaria scompare spontaneamente senza che sia necessario ricorrere a logopedia o riabilitazione del linguaggio.
Balbuzie secondaria
(anche balbuzie vera) è un problema decisamente più serio della balbuzie primaria. Essa si manifesta, di norma, in quel periodo dell’esistenza che va dai 6 ai 14 anni di età. È molto improbabile (anche se non impossibile) che la balbuzie vera si manifesti in età adulta.
Il problema balbuzie interessa circa l’1-2% della popolazione mondiale (tasso di prevalenza), anche se il tasso di incidenza è 5 volte superiore; sono cioè molte di più le persone che nel corso della vita hanno sofferto di balbuzie.
La differenza fra il tasso di prevalenza e quello di incidenza si spiega con il fatto che la condizione di balbuzie tende, come già accennato, a regredire spontaneamente nel giro di un anno, un anno e mezzo. (l’età media di insorgenza della balbuzie è 32 mesi).
FORME DI BALBUZIE
Le teorie relative all’eziologia della balbuzie sono divergenti secondo i paesi e secondo le scuole di pensiero, invece tutti concordano nel riconoscere a questo disturbo due diverse forme:
Balbuzie – Forma Clonica, la cui caratteristica è la ripetizione di una sillaba o di una lettera.
Balbuzie – Forma Tonica,che presenta un aspetto spasmodico della parola, con dei blocchi più o meno gravi sia nell’iniziare che nel corso del discorso e che a volte può essere accompagnata anche da sincìnesie, ovvero movimenti involontari della mimica facciale in funzione di compensazione per il vuoto verbale che si viene a creare.
Esiste poi una terza forma di balbuzie, che comprende entrambe le due forme sopra citate e che viene chiamata: Forma Mista
Si incomincia a parlare di balbuzie vera e propria non prima dei 5 o 6 anni, una leggera forma in età inferiore, può essere quella che viene chiamata Forma Transitoria.
In effetti, si può fare diagnosi precisa di balbuzie solo quando il meccanismo si è ormai consolidato nel modello e nel tipo di comunicazione del bambino, cioè quando il modello si è cronicizzato.
Di solito lo si può evidenziare maggiormente a scuola, dove il bambino inizia ad interagire su un più ampio piano di relazione, ed anche di competizione.
(Bitetti A., Foto di gruppo con colleghi psicologi)
CAUSE DELLA BALBUZIE
Da sempre si è cercato di dare una spiegazione circa le cause della balbuzie. Sono state proposte diverse teorie: di tipo psicogenetico, neurologico. Teorie che si concentrano sul linguaggio, la lateralità e la dominanza di un emisfero sull’altro, oppure teorie che si concentrano sul ruolo della ereditarietà. Altri Autori intravedono una multifattorialità nella eziopatogenesi, o nella causa della balbuzie.
Partecipazione al I° simposio internazionale sulla balbuzie – Roma- Palazzo Barberini – su invito del Prof. Oskar Schindler di Torino.
Da un punto di vista medico c’è una tendenza ad interpretare su base organica i problemi di difficile comprensione. In effetti, non si può dar torto a chi, intravedendo una indubbia complessità interpretativa della balbuzie, tende a credere ad una implicazione organica.
Difatti, in un importante simposio internazionale sulla balbuzie, svoltosi a Roma nel 2000, a Palazzo Barberini, il celebre prof. Ehud Yairi, dell’Università dell’Illinois (USA), sosteneva con una certa dose di sicurezza che la balbuzie potesse avere una solida base genetica.
Il prof. Yairi intravedeva la scoperta del gene, o dei geni implicati in questa problematica. A distanza di molti anni, ne sono passati addirittura 19 di anni, nessun gene è stato ancora scoperto.
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Tale ipotesi organicistica o genetica, va comunque e sempre a naufragare contro la evidente fluidità di parola che il balbuziente manifesta nella quiete della propria stanza. In qualunque contesto dove non è soggetto allo sguardo ed al giudizio altrui il balbuziente parla senza nessuna difficoltà.
Si è ipotizzato in tempi non recenti che la causa della balbuzie fosse dovuta ad una mancata lateralizzazione dell’emisfero cerebrale connesso al linguaggio, ma è una teoria in disuso da molti anni.
Come anche la teoria del mancinismo contrastato. Ad oggi non esistono elementi certi che spingono verso una conferma di cause organiche per spiegare l’origine e le cause della balbuzie su base organica.
Perché dunque aver paura di parlare, perché controllare la bocca e di conseguenza la parola, conoscendo già i meccanismi appresi del linguaggio? (Bitetti A., La Balbuzie Approccio Integrato, IEB Editore, Milano, 2010).
Un ruolo importante nel dinamismo della balbuzie è svolto dalle emozioni e soprattutto dal come vive le sue emozioni chi balbetta. Ci sono emozioni che spingono a comportamenti di apertura, ed emozioni che spingono a comportamenti di chiusura. Le prime offrono maggiori possibilità di ottenere vantaggi e le seconde danno più possibilità di ottenere svantaggi.
In ognuno di noi c’è la libertà di scelta sul come vivere. Abbiamo sempre davanti a noi questa duplice possibilità del vantaggio, o dello svantaggio, il dono della possibilità di decidere.
Pensare in termini positivi di sé e delle proprie qualità di base aumenta prima a livello cognitivo, e poi a livello emotivo l’energia vitale, con una conseguente sensazione di benessere.
Il linguaggio, come ogni altro elemento umano, si avvale di questo flusso energetico, come linfa vitale.
Il ragionamento è semplice; se il balbuziente quando è solo non balbetta e balbetta invece in presenza dell’interlocutore è ovvio che la sua difficoltà di linguaggio non si può imputare ad altre cause, se non a cause interne a chi balbetta.
RIMEDI E CURA DELLA BALBUZIE
Senza dubbio, per smettere di balbettare è necessario che il balbuziente superi le sue paure, si senta forte nei confronti degli altri e soprattutto, impari a sentirsi bene con se stesso.
Un progetto di cura della balbuzie, per essere definito completo e risolutivo, deve tener conto di tutte le dinamiche e di tutte le variabili del problema. Soffermarsi solo sul semplice aspetto del balbettare, o del semplice utilizzo di “tecniche o metodi” come da taluni vengono utilizzate è fortemente riduttivo e predispone ad un ritorno del problema poco tempo dopo.
Non esiste un rimedio per non balbettare, inteso come utilizzo di un metodo. Chi propone rimedi per la balbuzie usando una semplice tecnica correttiva va solo nella direzione di allentare, solo momentaneamente, l’attenzione sul balbettare.
Non va a curare la balbuzie nel suo insieme, va solo ad incidere perifericamente sul problema. La balbuzie si ripresenterà nel momento in cui si abbandona la tecnica di supporto e questo, succede in moltissimi casi.
(Bitetti A., Relazione sulla balbuzie, Convegno Ordine degli Psicologi della Regione Puglia, Lecce – 25 Settembre 2019).
Il periodo migliore per curare i bambini balbuzienti è fra l’età di 3 e 5 anni, preferibilmente almeno un anno prima di cominciare la scuola. Questo implica necessariamente un intervento sulla coppia genitoriale, lavorando in maniera preventiva, come sostiene il dott. Antonio Bitetti da diversi anni.
Se non si interviene precocemente, in molti casi questo sintomo può cronicizzarsi e spingere il bambino verso quella che viene definita: “balbuzie secondaria, o balbuzie vera e propria”.
Tanti bambini possono superare il loro problema di disfluenza nel periodo prescolastico in maniera spontanea e autonoma. Altri bambini, invece, per dinamiche strettamente emozionali e per situazioni ambientali sfavorevoli restano imprigionati in questo dinamismo.
I bambini candidati ad una balbuzie cronica imparano a trattenere le loro emozioni attraverso un meccanismo di attenzione esagerata verso la propria bocca. La bocca rappresenta la zona del nostro corpo più strettamente legata all’espressione delle nostre emozioni.
La paura di manifestare la propria rabbia è alla base di tale disturbo. Per questo, i bambini che diventano balbuzienti, vanno in controtendenza verso la sensazione di libertà, tipica del normoloquente. (Bitetti A., La Balbuzie Approccio Integrato, IEB Editore, Milano, 2010).
Una balbuzie non curata, o curata solo da un punto di vista periferico può prolungarsi e permanere negli anni successivi, andando ad incidere anche in età preadolescenziale e adolescenziale.
Nella fase adolescenziale molti genitori si chiedono come potrà essere la vita di relazione di un proprio figlio adolescente che soffre di balbuzia. In effetti, molto spesso la balbuzie in un ragazzo adolescente può complicare la sua vita, soprattutto sul piano della propria immagine e di conseguenza, sulla relazione interpersonale.
Pertanto, è importante rimarcare come la balbuzie di un ragazzo adolescente, ormai consolidata in precedenza, può tendere ad acuirsi e può aggravare notevolmente lo stato psicologico complessivo.
Come smettere di balbettare
Il balbettare, o il tartagliare come altri definiscono la balbuzie, è un fenomeno complesso, ma non così difficile da capire. Chi balbetta va aiutato a conoscersi meglio e soprattutto, va aiutato a capire cosa dovrebbe fare quando è chiamato a parlare.
(Bitetti A., Convegno sulla balbuzie svoltosi in una scuola media a Cagliari – Direzione didattica).
Il balbuziente è abituato a controllare esageratamente le proprie risorse. Va in controtendenza rispetto alle reali esigenze della vita quotidiana. Questa censura, per i soggetti predisposti alla balbuzie, è un processo appreso sin da piccoli e che ostacola la possibilità di espansione, inibendo così la libertà di relazione.
Nel balbuziente è forte la paura del giudizio degli altri, ma che in fondo è il giudizio negativo che egli esprime verso se stesso nel momento del rapporto interpersonale.
Nelle ricerche del Dott. Bitetti, il problema balbuzie viene visto essenzialmente come un sintomo, frutto di una scarsa propensione del balbuziente a canalizzare al meglio le proprie risorse emozionali.
Per più di cinquant’anni si è assistito a dei modelli di intervento di tipo rieducativo, perché si tendeva a credere, e in parte lo si crede tuttora, che il balbuziente fosse un soggetto da rieducare nella parola, protesi a credere che il problema vero fosse l’evidente difficoltà ad estrinsecare parole.
Partecipazione al II° simposio internazionale sulla balbuzie – Roma- Palazzo Barberini. Confronto interpretativo sulla balbuzie con l’illustre Prof. Ehud Yairi dell’Università dell’Illinois(USA) e di Tel Aviv.
Da qualunque parte si volesse partire per una cura della balbuzie, ci troveremmo sempre a porci una domanda di partenza, e cioè: “la cura della balbuzie, o il rimedio per smettere di balbettare, che obiettivo dovrebbe porsi?”
Vogliamo curare la disfluenza del balbuziente perché pensiamo che il problema sia nella difficoltà di parlare, oppure vogliamo curare il dinamismo complessivo del balbettare?. Il balbettare è la causa, o la conseguenza di qualcosa?. E’ tutto centrato sul balbettare, o tartagliare le parole, o qualcosa blocca il balbuziente nella sua legittima facoltà di sentirsi libero nel linguaggio?
Esercizi per la cura della balbuzie
Nel tempo, diversi autori si sono dedicati ad elaborare metodi di cura della balbuzie. Erano semplici esercizi per facilitare il linguaggio e renderlo più sciolto, indirettamente servivano per allentare anche la tensione fisica e psichica che condizionava la situazione generale del balbuziente. Erano definite tecniche ortofoniche.
Ricordiamo il metodo di masticazione di Froeschels che consiste inizialmente nel masticare aria, poi nell’associare i movimenti di masticazione a dei suoni prima e successivamente al linguaggio. Il metodo fisiologico diGutzman associa i vari esercizi di fonazione e di articolazione. Il metodo di Liebmann indica che il rieducatore debba parlare contemporaneamente al balbuziente per arrivare poi a lasciarlo parlare da solo.
Esiste anche il metodo della “ pratica negativa” di Dunlap e Lenner che consiste nell’analizzare il proprio disturbo, imitarlo, osservare il proprio balbettamento, o il tartagliare, per arrivare a dominarlo poco per volta. Ancora oggi molti metodi attribuiscono grande importanza alla respirazione, all’articolazione, o alla voce. Tutti questi metodi mirano a far parlare meglio il balbuziente, a convincerlo che può esprimersi più facilmente e dominare i differenti problemi che si sommano alla balbuzie.
METODO D’AVANGUARDIA NELLA CURA DI BAMBINI DI 3-4 E 5 ANNI E PREVENZIONE BALBUZIE
I sintomi, come pure il momento in cui appare la balbuzie, variano da un soggetto ad un altro. L’indagine clinica effettuata su alcune famiglie non dà sempre informazioni molto precise a tal proposito.
Alcuni genitori non si rendono conto del momento preciso di insorgenza della balbuzie, a meno che sia apparsa in modo improvviso, o in concomitanza con un avvenimento scatenante.
Quando si tratta di una balbuzie tonica con dei blocchi evidenti del linguaggio, associati a dei movimenti non coordinati degli organi della fonazione, molti credono di trovarsi di fronte a difficoltà della respirazione.
A quel punto molti genitori sottopongono i loro bambini a visite specialistiche di tipo foniatrico e otorinolaringoiatrico, ma tutto risulta essere nella norma. Questo già dovrebbe orientare verso un percorso diverso, sia sul piano interpretativo del problema e sia sull’intervento terapeutico da seguire.
Nella maggioranza dei casi, la balbuzie è un disturbo che insorge nella prima infanzia, tra i 3 e i 4 anni, nel momento dell’elaborazione delle prime frasi. Vale a dire al momento in cui si organizza il linguaggio e in cui si situano i primi contatti con il mondo esterno.
Le ricerche del dott. Bitetti hanno dato un forte impulso nel trattamento della balbuzie infantile. Infatti i bambini molto piccoli vengono da lui curati in maniera risolutiva, senza la necessità di aspettare ancora.
Parliamo di bambini di 3-4 anni e a volte anche di 2 anni e mezzo, con improvvisi segni di balbuzie primaria.
TERAPIA DELLA BALBUZIE NEGLI ADULTI
Di solito, il balbuziente adulto ha già fatto da bambino dei cicli di terapia logopedica e corsi sulla balbuzie, basati prevalentemente sulla fonazione o su tecniche similari, accompagnati da esercizi sulla respirazione, e quant’altro. Però, pochi adulti balbuzienti hanno affrontato gli aspetti sottostanti della loro balbuzie e si ritrovano con una situazione immutata, o leggermente migliorata, almeno sul piano del linguaggio.
Difatti, succede spesso che dopo diversi cicli di sedute rieducative con metodi di cura basati su improvvisate intuizioni, l’adulto balbuziente ritorna spesso alle antiche abitudini.
Uno degli aspetti caratteriali dell’adulto balbuziente, studiato e affrontato terapeuticamente dal dottor Bitetti è la passività. Essa è intesa come una sottile paura da parte del balbuziente a far emergere tutta l’energia sottostante che trattiene da sempre. Una passività che lo porta a rinunciare a diverse attività sociali e relazionali. Non solo, questo trattenere energie, spesso ha ripercussioni sulla sfera emozionale, ed è facile riscontrare adulti balbuzienti isolati sul piano affettivo.
Per molto tempo si è persino ironizzato sul problema della balbuzie, ed in tempi molto lontani si tendeva ad associare la difficoltà di parola ad un ritardo intellettivo. E’ ostacolata la fluidità di linguaggio, ma non l’intelligenza e la capacità di portare a compimento la propria progettualità. Sul piano cognitivo invece, il balbuziente è costantemente influenzato da un tipo di pensiero, dove elemento fondamentale risulta essere il controllo della parola (Dr. Antonio Bitetti, Emozioni, Comportamento e Controllo, IEB Editore, Milano, 2016).
La paura di balbettare porta ad una costante attenzione su come lo deve dire, su quello più realistico e logico, che è quello che si vuole dire. Con una tale sequenza di pensiero, a dir poco eccessiva, è facile incappare in uno stato d’ansia compromettendo l’eloquio stesso.
Il normoloquente non controlla la parola, essa è fluida, è più attento a quello che dice, che al come.
Il dottor Antonio Bitetti, attraverso il suo metodo di cura della balbuzie, definito: Approccio Integrato, affronta le difficoltà del balbuziente adulto da diversi punti di vista, soffermandosi soprattutto sulle dinamiche relazioni.
L’adulto balbuziente porta con se molte esperienze dolorose, fatte di rinunce, di umiliazioni e spesso intrise di sentimenti di isolamento sociale e di solitudine e anche di rabbia.
Ecco perché l’adulto balbuziente è alla continua ricerca di rapporti interpersonali con altri balbuzienti. Si sente più rassicurato dai suoi simili, si sente protetto e non giudicato. Questo spiega la continua ricerca di metodi di cura della balbuzie che si rifanno a tecniche di supporto, utilizzando il gruppo come base di lavoro terapeutico.
Questo però non vuol dire che si stia effettivamente curando la balbuzie, si sta curando l’aspetto sintomatico e attraverso l’interagire con altre persone affette dallo stesso problema si riceve una piacevole sensazione, come se realmente si stia facendo la cura della balbuzie, ma la verità è ben diversa.
Una cura vera della balbuzie in età adulta deve prevedere una notevole ristrutturazione della personalità del balbuziente. L’Approccio Integrato negli adulti affetti da balbuzie affronta gli elementi più profondi della balbuzie.
Non è una terapia psicoanalitica, e non è una terapia cognitivo comportamentale nella definizione più classica. E’ un approccio completo alla balbuzie, frutto di oltre venti anni di studi e di ricerca nel settore specifico.
Per tutti i balbuzienti adulti che si sono affidati alle cure del dottor Bitetti, dopo aver fatto terapie in altri campi, risulta essere una terapia completa. Completa, perché l’Approccio Integrato non tralascia nessun aspetto, va nella giusta direzione di offrire al balbuziente adulto tutti gli strumenti per far emergere la sua vera personalità.
Lo scopo della terapia del dottor Bitetti, vero pioniere in questo settore, è quello di dare al balbuziente una profonda conoscenza delle sue potenzialità, che non vanno controllate e frenate da tante paure sottostanti. Mira a far cogliere al balbuziente adulto la sua vera dimensione di forza caratteriale.
Una persona forte non balbetta, non esita, ed è questo lo scopo della cura, far aumentare il livello di energia sottostante, a tutto vantaggio di una relazione e di un linguaggio forte e deciso.
LA BALBUZIE APPROCCIO INTEGRATO
Nel cammino interpretativo e terapeutico rivolto a pazienti di ogni età e affetti da balbuzie, il Dott. Antonio Bitetti, psicologo-psicoterapeuta, sottolinea la necessità del modello “Approccio Integrato”, perché questo modello di cura della balbuzie mira a liberare tutte quelle risorse energetiche che il balbuziente tende a controllare attraverso la parola.
Infatti, molto spesso l’adolescente balbuziente, come anche l’adulto balbuziente, possono avere notevoli difficoltà a gestire tutta la loro componente pulsionale.
Schema operativo dell’Approccio Integrato – Prima della terapia.
Per parlare bene è necessario pensare bene si è detto più volte. Ovviamente, se il balbuziente è impegnato a controllare le sue energie interne, anche attraverso il proprio linguaggio, gli risulta difficile ritrovare altre risorse adatte a sviluppare armonicamente il suo sviluppo psicologico insieme ai suoi coetanei (Bitetti A., 2001,2006,2010,2016).
L’importanza di un lavoro terapeutico completo sul sintomo balbuzie di un adolescente è una necessità e un dovere, poiché ha lo scopo di chiarire i diversi aspetti di tutta la problematica e non limitarsi al semplice aspetto della rieducazione del linguaggio, che poco inciderebbe su tutto il dinamismo in questione.
In età adulta, si conferma ulteriormente il dato fondamentale dalla percezione negativa di sé, e dal temuto giudizio negativo da parte degli altri, che può aumentare il grado d’ansia, ed incidere così sul normale rapporto sociale. Questa sintetica esposizione delle difficoltà che vive l’adulto balbuziente, porta a fare delle riflessioni circa il dinamismo psichico sottostante il disturbo.
Di solito, il balbuziente adulto ha già fatto da bambino dei cicli di terapia logopedica e corsi sulla balbuzie, basati prevalentemente sulla fonazione o su tecniche similari, accompagnati da esercizi sulla respirazione, e quant’altro.
Però, pochi adulti balbuzienti hanno affrontato gli aspetti sottostanti della loro balbuzie e si ritrovano con una situazione immutata, o leggermente migliorata, almeno sul piano del linguaggio.
Difatti, succede spesso che dopo diversi cicli di sedute rieducative con metodi di cura basati su improvvisate intuizioni, l’adulto balbuziente ritorna spesso alle antiche abitudini.
Schema operativo dell’Approccio Integrato – Dopo la terapia.
Uno degli aspetti caratteriali dell’adulto balbuziente, studiato e affrontato terapeuticamente dal dottor Bitetti è la passività. Per passività si intende una sottile paura da parte del balbuziente a far emergere tutta l’energia sottostante sin dai primi anni in cui ha iniziato a balbettare.
Una passività che lo può portare a rinunciare a diverse attività sociali e relazionali. Non solo, questo trattenere energie, spesso ha ripercussioni sulla sfera emozionale, ed è facile riscontrare adulti balbuzienti isolati sul piano affettivo. (Bitetti A., Emozioni, Comportamento e Controllo, IEB Editore, Milano, 2016).
LIBRI SULLA BALBUZIE
LAVORI EDITORIALI DEL DOTT. ANTONIO BITETTI SUL TEMA DELLA BALBUZIE
Il dott. Antonio Bitetti, psicologo-psicoterapeuta, ha vissuto in prima persona il problema della balbuzie. Fondatore dell’Istituto Europeo per la Balbuzie, è attivamente impegnato nella divulgazione di un metodo innovativo per la cura della balbuzie, denominato: Approccio Integrato.
La balbuzie è un problema che affligge molte persone e che presenta tuttora molti lati oscuri. Con il suo primo libro, dal titolo: Analisi e prospettive della balbuzie, Ed. Positive Press, Verona,2001, il dott. Bitetti ci prospetta le linee guida del suo innovativo metodo di cura della balbuzie, traendo spunto dalla sua personale esperienza di guarigione.
Un nuovo metodo di cura della balbuzie diventa una occasione per ristrutturare l’intero modo di pensare della persona che soffre di questo problema. Un pensiero positivo a tutto vantaggio di una comunicazione forte e sicura.
Nella prefazione al libro del dott. Bitetti, il dott. Cesare De Silvestri, Psichiatra, Didatta SITCC, Fellow e Supervisor dell’Institute for Rational-Emotive di New York, scrive:
“Il libro del dott. Bitetti mi sembra importante ed utile proprio per questo. Specialmente le parti in cui narra in prima persona la sua esperienza talvolta dolorosa di balbuziente in cerca di guarigione, i suoi incontri, i suoi insuccessi e infine la sua guarigione.
Dopo la rilettura del testo, mi tornano continuamente davanti la figura e la storia di un personaggio: un balbuziente che non ha mai perduto la speranza di guarire, che si è dedicato con tenacia, con ostinazione, quasi con rabbia alla lotta senza quartiere contro la sua sofferenza. Che non ha mai voluto accettare la sia posizione di svantaggio, d’inferiorità, d’emarginazione e peggio. Ricordo una frase di Benedetto Croce e la cito a memoria:
“poiché la linea del possibile si sposta grandemente davanti alla volontà che veramente vuole…….”
Nel suo secondo libro sulla balbuzie, dal titolo: La Balbuzie. Un problema relazionale, Armando Editore, Roma, 2006, il dott. Bitetti approfondisce gli elementi interni della balbuzie, le difficoltà che il balbuziente vive nel momento in cui si relaziona.
Molto spesso, infatti, ci si sofferma più sull’aspetto manifesto e meno sul dinamismo interno. Questo volume è orientato ad una riflessione più psicologica del problema, a quel modo di pensare e di vivere l’esperienza del comunicare, tipico del balbuziente.
Esaminando il cammino personale dell’autore, ed anche le esperienze di personaggi più o meno noti che hanno sofferto di questo problema, il libro esplora le aree interne di quel complesso universo chiamato balbuzie.
Il dott. Bitetti mette in rilievo quei meccanismi riscontrabili nell’interazione interpersonale, ed il suo linguaggio caratteristico, cogliendone interessanti elementi.
Emerge così un dato importante: la balbuzie può essere intesa come sintomo di un disagio nel relazionarsi; un disturbo che può avere dunque un significato di copertura, un sintomo per distogliere l’attenzione dal suo vero significato profondo.
Una argomentazione che avvalora la tesi di coloro che sostengono la valenza eminentemente psicologica, rispetto a coloro che intravedono una base organica e genetica della balbuzie.
Con il suo terzo libro, dal titolo: La Balbuzie Approccio Integrato, IEB Editore, Milano, 2010, il dott. Bitetti diventa certamente un autore di punta nel panorama della ricerca e nell’interpretazione del problema balbuzie, non solo in Italia.
Partendo da alcuni passi della presentazione di questo libro, egli sottolinea la necessità di spiegare al vasto pubblico, che la balbuzie si può e si dovrebbe guarire.
Il balbuziente molto spesso mette in dubbio la possibilità di una effettiva guarigione del suo problema, anche a causa di una cultura sbagliata.
Egli non ha bisogno di essere rieducato nel linguaggio, è lo sa benissimo, invece ha la necessità di migliorare sensibilmente la propria sicurezza nel rapporto con gli altri. Ha la necessità di espandere la propria sicurezza personale e la sua personalità in maniera genuina e serena.
Certamente, come afferma il dott. Bitetti, non si può affrontare in terapia un balbuziente adulto, se non lo si mette a confronto con il suo passato di bambino balbuziente. A differenza dell’adulto, o dell’adolescente balbuziente, il bambino che balbetta non mostra forti resistenze, non è ancora fortemente legato al suo sintomo.
La balbuzie infantile invece rappresenta una fase mal riuscita di questa evoluzione, dal balbettìo al linguaggio sano ed efficace. Su questo blocco evolutivo, possono incidere importanti aspetti relazionali. Per evitare questo rischio di cronicizzazione e quindi di balbuzie è necessario intervenire precocemente.
Di solito la balbuzie infantile, cioè la balbuzie del bambino di 3-4 o con meno di 5 anni, di solito non viene trattata. Si tende ad aspettare che ci cronicizzi, per essere sicuri che la sintomatologia sia certa, su di una diagnosi sicura. Solitamente si tende a pensare che possa regredire spontaneamente.
il dott. Bitetti è di parere diverso. Egli ha introdotto un interessante percorso terapeutico, adatto ai genitori di bambini con balbuzie di 3-4 anni. Non solo, ma anche nei bambini di 5 anni che balbettano ancora e che presentano aspetti suscettibili di diventare elementi di cronicizzazione della sintomatologia. I pediatri sono cauti ed attendisti, i terapeuti del linguaggio rinunciano perché non hanno strumenti adatti per affrontare gli aspetti iniziali della balbuzie infantile.
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Bitetti A., Emozioni, Comportamento e Controllo, IEB Editore, Milano, 2016
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Bitetti A., Analisi e prospettive della balbuzie, Positive Press, Verona, 2001
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Bitetti A., La balbuzie. Un problema relazionale, Armando Editore, Roma, 2006
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Bitetti A., La Balbuzie Approccio Integrato, IEB Editore, Milano, 2010
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Dinville Claire, La Balbuzie, Masson Editori, 1982
Fenichel O., Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi, Astrolabio, Roma, 1953
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